giovedì 3 febbraio 2011

La Valigetta

L'Uomo stava ascoltando alla radio una vecchia canzone, Moonlight shadow di Mike Olfield, viaggiava a velocità sostenuta e intanto teneva il ritmo picchiettando con la destra sul volante. A quell’ora Milano era deserta e l’unica compagnia che aveva erano i semafori lampeggianti.
Arrivato su Viale Monza si fermò ad un chioschetto, di quelli aperti tutta notte, incurante del carico all'interno del suo bagagliaio.
Panino salsiccia e peperoni, con una birra ghiacciata a buttare giù il tutto, era proprio quello che ci voleva, un sonoro rutto e poi di nuovo in macchina, direzione Lecco.
L’Uomo era basso e tarchiato, con un riporto mostruoso e una camicia hawaiana verde di quelle con sopra le ballerine di Hula. Visto così sembrava più un innocuo camionista di Reggio Calabria che uno spietato killer.
Era sulla superstrada, in perfetto orario sulla tabella di marcia, si era gia lasciato alle spalle lo svincolo per Erba e procedeva spedito verso la sua destinazione finale. Il Capo era stato tassativo “mi raccomando non fare stronzate come tuo solito!"
E lui stronzate non ne aveva fatte, era andato tutto bene, anzi era anche riuscito a fermarsi a mangiare un panino, era da mezzogiorno che non toccava cibo e ormai sullo sfondo, verso Bergamo cominciava ad albeggiare.
Perso nei suoi pensieri, l’asfalto che sfilava veloce, la radio su quella stazione anni ’80 che gli piaceva tanto, si accorse solo all’ultimo momento del grosso Suv che gli si parò a fianco e lo strinse fino a bloccarlo contro il guard-rail. Frenò bruscamente sulla ghiaia la sua Alfa 147, una mano già proiettata verso il cassettino porta oggetti a cercare la sua Beretta automatica. Un secondo di troppo, e 6 colpi di calibro 9 esplosi in rapida successione attraverso il finestrino aperto trasformarono il suo cervello nel nuovo rivestimento dell’auto.
2 giorni fa

“Antonio, è un lavoretto da niente te lo assicuro, tranquillo, hanno dato il lavoro a quel vecchio decrepito di Santini, gli sfiliamo la roba da sotto il naso e neanche se ne accorge quello, tranquillo, tranquillo!”
“Tranquillo, tranquillo! dici tu, ma poi sei sicuro che si tratti di roba pura, e di tanta roba? Perché mettersi contro il clan dei Luisi non è roba da poco, dobbiamo essere sicuri di fare un colpo della madonna, così da sparire e non farci più trovare”
“Antonio, tranquillo!”
Pasquale e Antonio erano seduti sui tavolini all’aperto che davano sul marciapiede in un anonimo baretto di Corso Sempione, di quelli che hanno la Gazzetta e il Corriere buttati lì sul freezer dei gelati, con ancora la televisione coi baffi sintonizzata perennemente su Rai Uno che scatta e gracchia, circondati da vecchietti che giocavano a carte.
Pasquale ogni tanto dava un’occhiata distratta ai pochi passanti che quel pomeriggio afoso passeggiavano per il corso mentre discutevano del piano che li avrebbe resi miliardari.
“La notizia è sicura, me l’ha passata il Guercio, e si accontenta del 10 percento degli utili, è uno fidato il Guercio. Santini deve portare la roba a Lecco entro l’alba al vecchio magazzino che usano come base di smercio per la zona, lo intercettiamo sulla superstrada e gliela portiamo via. Tranquillo, tranquillo”
Adesso

“Cazzo, cazzo! Cinque chili di roba purissima, eh? Ma andate affanculo tu e il Guercio”
“Oddio, oddio, oddio, e ora cosa facciamo con questa valigetta piena di… oddio, oddio,oddio”
“Per ora è meglio filare. E chiudi quella cazzo di valigetta!”
Alle sette di mattina Milano ricominciava ad animarsi, i primi pendolari iniziavano ad arrivare dalla Brianza e da Monza, i viali di immissione alla città cominciavano lentamente a paralizzarsi.
Il grande Cayenne Turbo nero di Antonio era incolonnato ad un semaforo sul trafficatissimo viale Fulvio Testi direzione centro città, si sarebbe fermato in Bicocca, avrebbe fatto scendere Pasquale e poi via a far sparire quella dannatisima valigetta e poi a casa, in piazza Carbonari per un meritato riposo.
“Ci si sente più tardi, coglione. E poi dobbiamo decidere il da farsi, forse è meglio chiamare il Guercio e sentire se lui ha idea di come uscire vivi da questo guaio”
“Tranquillo Antonio, penso a tutto io. Ci vediamo più tardi, tranquillo”

Quello alto era seduto in poltrona, guardando il tramonto che scendeva sulla città, la stanza era in penombra e lui immerso nei suoi pensieri.
Erano da poco passate le nove quando la chiave girò nella toppa, Antonio chiuse la porta, appoggiò le chiavi sul mobiletto di fianco e allungò il dito della mano destra verso l’interruttore.
Accese la luce, un fiotto di adrenalina pura nel sangue. Seduto sulla sua poltrona c’era un uomo mai visto, faccia da duro, segnato dal tempo e dalla violenza; gli occhi di ghiaccio lo stavano fissando quando sentì il freddo della canna di una pistola appoggiarsi alla sua nuca.
”Eccoti a casa finalmente” esclamò quello alto, mentre un grassoccio, sempre premendo la pistola sulla nuca dell’uomo, lo perquisiva  “e poi dicono che noi napoletani passiamo il nostro tempo solo a mangiare pizza e a suonare il mandolino. Invece in neanche mezza giornata siamo riusciti a trovarti, caro il mio Antonio.”
”Il tuo caro amico il Guercio non ti darà più soffiate e anche Pasquale forse dovrai toglierlo dalla rubrica, sai abbiamo dovuto lavorarcelo per benino prima che ci confessasse che la valigetta ce l’avevi tu” e assestò una ginocchiata nelle palle di Antonio che si accasciò a terra
”E questo è solo l’inizio” ringhiò il cicciotello che tirò fuori un coltello a serramanico dalla tasca e si abbassò su di lui. Non ci volle molto perchè il balordo confessasse dove aveva messo la valigetta, era più coglione del previsto e l’aveva nascosta nell’armadio in camera da letto.
Quello alto prese la valigetta dall’armadio, la portò con calma in salotto, dove giaceva il cadavere mutilato, la poggiò sul tavolo del salotto e con gesti quasi teatrali fece scattare le due serrature e l’aprì
“Clack, clack”
Entrambi gli uomini guardarono stupefatti il contenuto della ventiquattrore.
“Adesso che abbiamo controllato che sia tutto a posto la riportiamo al Capo, subito” disse il più alto
“E se ce la tenessimo per noi? E se dicessimo che i due balordi non hanno parlato?”
“Non dirlo neanche per scherzo! Andiamo subito dal Capo”

Il cicciotello estrasse la pistola, e la puntò verso il collega, che come se avesse letto nel pensiero le intenzioni dell’altro aveva gia impugnato la sua Beretta.
I due uomini si fronteggiavano, le pistole automatiche in mano, strette sull’impugnatura fino a fare male, le canne dirette una verso l’altra in un mexican standoff da antologia, la tensione alle stelle.
Faceva caldo adesso in quell’appartamento della periferia milanese, avrebbero voluto essere altrove, ma erano lì uno contro l’altro ed entrambi sapevano come sarebbe potuta finire.

“Drin, drin” lo squillo del telefono sembrò far ripartire il tempo nell’afoso locale,  le due pistole, che sembrava non aspettassero altro, esplosero all’unisono la loro pioggia di fuoco e i due uomini si accasciarono a terra in un bagno di sangue, in movimenti speculari.
In alto sul tavolo la valigetta aperta sembrava irriderli

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